Scaramella
Solo in Italia un personaggio come Mario Scaramella ha potuto fare la carriera
che ha fatto.
Questo è solo un esempio di come le cose possano andare a finire senza i dovuti
controlli. Nella gestione di un Paese la trasparenza è basilare ma
i nostri governanti pare se ne siano dimenticati.
Ecco una parte dell'inchiesta su Scaramella di Claudio Gatti:
Inchiesta di Claudio Gatti per Il Sole 24
ore – Primo di due articoli
Chi è veramente Mario Scaramella? Opzione numero 1: un professore
universitario, dirigente di un organismo intergovernativo legato all'Onu di nome
Ecpp. Opzione numero 2: un uomo al servizio dell'intelligence italiana, inglese,
o americana. Opzione numero 3: un millantatore, forse patologicamente mitomane.
Un'inchiesta condotta da Il Sole-24 Ore con l'International Herald Tribune, ha
permesso di raccogliere elementi sufficienti per scartare l'opzione numero 1 e
ritenere la numero 2 altamente improbabile.
Il 31 dicembre, nel suo blog personale, l'ex presidente della Commissione
Mitrokhin, il senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti, ha augurato
a tutti «un 2007 dirompente nella vittoria della verità sulle fabbricazioni».
«Il Sole-24 Ore» ha trascorso un mese alla ricerca dei fatti e (possibilmente)
della verità su Mario Scaramella. Conclusione: Paolo
Guzzanti è solo l'ultima di una lunga serie di persone che per 18 anni gli
hanno permesso di girare il mondo spacciandosi per quello che non è mai stato,
cioè commissario, magistrato antimafia, professore universitario, responsabile
di un'organizzazione intergovernativa ed esperto di intelligence sovietica. A
difesa di Guzzanti si può solo dire che l'elenco è lungo. Ma era
altrettanto lunga la serie di campanelli d'allarme che avrebbe dovuto far capire
a Guzzanti e agli altri che si trattava di un individuo da cui stare alla
larga. Arrestato il 24 dicembre, oggi il Tribunale del riesame deciderà se
concedere a Scaramella la scarcerazione mentre la Procura di Bologna
indaga per reati di calunnia.
AMBIENTALISTA AGGUERRITO
L'ascesa di Mario Scaramella, combattente ambientale, iniziò molto
presto. Nel marzo del 1989, a soli 19 anni, fondò i Nuclei agenti di sicurezza
civile, o Nasc, un microgruppo di 9 componenti legato a un'organizzazione
ambientalista di destra, il Gruppo di ricerca ecologica. Pochi mesi dopo, il 12
settembre '89, firmò un protocollo d'intesa con l'assessorato all'Ambiente della
Provincia di Napoli. Ma il colpo grosso lo fece quando ottenne una lettera
dell'Alto commissariato antimafia in cui si raccomandava alla prefettura il
rilascio del porto d'armi per gli operatori dei Nasc al servizio del
"commissario Scaramella". A firmare quella lettera fu Luciana Villa,
un'amica di famiglia dirigente del ministero dell'Interno.
Dopodiché, agitando a distanza il tesserino di guardia ittico-venatoria
provinciale, il "commissario Scaramella" si presentò a due sostituti
della procura di Santa Maria Capua Vetere per ottenere l'assistenza della
polizia giudiziaria nelle sue attività di sequestro. Con l'appoggio dei
funzionari a lui affidati, Scaramella fu protagonista di un'attività
frenetica di sequestri. «Può sembrare incredibile, ma con il suo nucleo fece il
bello e il cattivo tempo nelle province di Napoli e di Caserta dall'89 a metà
del '91», ricorda Rosaria Capacchione, la cronista del “Mattino” che all'epoca
scrisse una straordinaria serie di articoli. «Arrivò a sequestrare edifici
abusivi, alberghi, ristoranti, bar, un caseificio e persino un ippodromo
clandestino del boss Nuvoletta».
A porre fine alle bravate dei Nasc fu un brigadiere dei carabinieri insospettito
dal fatto che, al momento della firma dei verbali, Scaramella trovava il
modo di defilarsi. Nel luglio del '91, fu messo sotto processo per usurpazione
di titolo e di pubbliche funzioni. La sentenza di condanna fu depositata il 31
dicembre 1994, dopo un procedimento in cui vennero chiamati a testimoniare sia i
due sostituti ingannati che l'Alto commissario antimafia Domenico Sica.
In quell'occasione si manifestò un fenomeno che avrebbe accompagnato la carriera
di Scaramella: la presa di distanza di chi gli aveva dato legittimità.
Ecco che cosa scrive l'allora pretore Roberto de Falco nella sua sentenza:
«Larghe zone d'ombra sono rimaste, anche in conseguenza della retromarcia... da
parte di molti organi istituzionali che avevano appoggiato lo Scaramella
e i Nasc... retromarcia evidenziata dal contenuto chiaramente minimizzatore, se
non reticente, di molte delle deposizioni dei pubblici funzionari escussi in
dibattimento».
La condanna venne poi annullata in appello con una motivazione definita oggi da
de Falco «in punto di diritto»: fu stabilito che quello di "commissario" era un
termine atecnico e che Scaramella lo aveva usato in quanto presidente di
una commissione dei Nasc.
SCARAMELLA SCOPRE L'AMERICA
Gli eventi giudiziari costrinsero Scaramella a chiudere i Nasc. Ma non lo
scoraggiarono. Avendo terreno bruciato vicino casa, guardò oltre i confini
nazionali, puntando su sigle in inglese e contatti al di là dell'Atlantico.
Nacque così lo Special research monitoring center (Srmc), entità virtuale che
dichiarava collegamenti con centri spaziali e universitari americani ma non
aveva neppure una vera e propria sede. Con esso irruppe sulla scena Filippo
Marino, un ex ufficiale dell'esercito italiano esperto in materia di sicurezza
che aveva fatto corsi di addestramento all'uso delle armi al gruppo di
Scaramella. Marino si era trasferito a San Francisco nei primi anni 90. Lì
aveva conosciuto Periklis Papadopoulos, un ricercatore di origine greca che
lavorava per la Eloret, una società di ricerca spaziale subappaltatrice della
Nasa. Per Scaramella era la chiave di volta per riacquistare legittimità.
Grazie ai suoi collegamenti internazionali, decise di cimentarsi nel campo delle
consulenze peritali. Trovò subito incarichi presso la procura di Verona e di
Reggio Calabria. Ad affidargli la consulenza a Reggio fu il sostituto Francesco
Neri, ex braccio destro di Agostino Cordova a Palmi, che all'epoca conduceva
un'indagine su navi sospettate di essere state affondate per smaltire scorie
radioattive. Emerse una perizia allarmistica in cui vennero indicati decine di
affondamenti sospetti nel Mediterraneo. La ricerca di questi relitti poteva
essere un business di miliardi. Scaramella ricostruì la vicenda in
un'intervista all'”Espresso”: «Era il 1996, quando i magistrati calabresi mi
contattarono per una delicata missione. Volevano individuare una delle navi
affondate nel Mediterraneo sospettate di trasportare rifiuti radioattivi, dunque
attivai i miei contatti». Scaramella si riferiva alla Eloret. «Era una
struttura perfetta per le nostre esigenze, ma troppo esposta per accettare
l'incarico», spiegò. La sua proposta fu di utilizzare l'Srmc, presentato come
rappresentante della Eloret in Italia.
Il piano dell'Srmc prevedeva un esborso di 1 miliardo e 400 milioni di lire. Il
procedimento venne poi trasferito al sostituto procuratore antimafia Alberto
Cisterna che, insospettito, bloccò tutto. «Se non erro la perizia di
Scaramella ipotizzava l'esistenza di correnti sottomarine dell'ordine di
centinaia di chilometri orari che avrebbero potuto impedire il ritrovamento dei
relitti», ricorda oggi Cisterna. «Poiché nel Mediterraneo le correnti
sottomarine possono arrivare al massimo ai 10 nodi, quell'asserzione contribuì a
suscitare in me gravi perplessità su tutta l'attività peritale svolta,
perplessità segnalate anche in sede di audizione parlamentare».
L'ENVIRONMENTAL CRIME
Gli allarmi di Cisterna non bastarono a frenare l'attività di Scaramella.
Anzi lo spinsero a irrobustire il proprio curriculum internazionale. Ecco allora
il salto definitivo: l'organismo intergovernativo. Nel marzo del 1997, assieme
al fido Marino, Scaramella fondò l'Environmental Crime Prevention
Program, il Programma per la prevenzione del crimine ambientale. Veniva
spacciato per un organismo di diritto internazionale ma era una scatola vuota
che non risulta essere stata registrata in alcun Paese del mondo.
L'Ecpp nasce già... nato, con la «II Conferenza Plenaria» che si tiene a Napoli.
La prima conferenza non risulta essere mai stata fatta. Probabilmente perché la
migliore strada per convincere qualcuno a farsi coinvolgere era di presentare un
programma intergovernativo già esistente. Dovendo creare una parvenza
d'internazionalità, Scaramella decise di nominare tre “special
assistants”, che in un comunicato presentò come «John Graham Taylor (Uk),
Christian Trentolà (France) and Phillip Marino (Germany)». Il primo era un
inesperto collaboratore di nazionalità inglese. Il secondo un giovane napoletano
di madre francese il cui cognome era in realtà scritto senza accento finale. Il
terzo, il suo socio Filippo Marino.
Con alle spalle null'altro che una sigla, Scaramella iniziò a tessere la
sua tela. Nel dicembre 1998, l'Ecpp fece domanda per ottenere lo stato di
"osservatore" presso la London Convention, organismo legato all'International
Maritime Organization. Gli fu concessa quella qualifica in modo prima
provvisorio e poi definitivo senza farsi scrupolo di verificare l'effettiva
natura e consistenza dell'organizzazione. Scaramella e i suoi vennero
così invitati a partecipare alle riunioni annuali della Convenzione, un
riconoscimento puntualmente pubblicizzato.
Un ulteriore tassello nell'opera di legittimazione dell'Ecpp venne dalla Nato.
Con stupefacente sfrontatezza, Scaramella chiese fondi e sponsorizzazione
dello Science Program della Nato per una conferenza sulla sicurezza ambientale
da svolgersi in Lituania in collaborazione col Governo locale. Ottenne il tutto
e fu così co-organizzatore del workshop della Nato. Quando abbiamo chiesto
all'attuale direttore del programma Nato, Chris De Wispelaere, come possa essere
successo, la sua risposta è stata: «La sua proposta evidentemente fu ritenuta
valida».
Un'operazione simile venne condotta nei confronti del Segretariato della
Convenzione di Basilea per la difesa dell'ambiente, organismo sotto l'egida
dell'Onu di base a Ginevra. In questo caso, Scaramella riuscì addirittura
a firmare un accordo di collaborazione. Anche qui, nessuno si prese mai la briga
di verificare nulla. Era bastata l'autocertificazione dell'Ecpp che citava la
«IV Conferenza Plenaria», che risultava essersi tenuta a New York negli uffici
dell'agenzia dell'ambiente americana, l'Epa.
A fargli avere la disponibilità di quegli uffici nel novembre del 2000 era stato
Michael Penders, un funzionario dell'ufficio legale dell'Epa che di lì a pochi
mesi avrebbe lasciato l'amministrazione statale per fondare una propria società
di consulenza e quindi era interessato a crearsi una rete di contatti
internazionali. Adesso Penders minimizza: «Gli demmo un ufficio per un'ora». Ma
un'ora era quanto bastava a Scaramella. E comunque lo stesso Penders
aderì all'organizzazione. «Ho solo accettato di dare supporto al gruppo di
lavoro legale», si giustifica.
IL RUOLO DI PROFESSORE
Ma come poteva un funzionario di un importante ente statale Usa
associarsi a uno Scaramella? «Lo avevo incontrato al convegno della Nato
in Lituania. Mi era sembrato un giovane e dinamico professore di legge che aveva
messo insieme una rete di scienziati», risponde Penders. Aveva poi giovato il
fatto che Scaramella aveva detto di essere anche un "magistrato
antimafia". Professore universitario? Magistrato antimafia? In entrambi i casi
la carica era inventata. Sulla base però di un infinitesimale granello di
verità. Il 6 giugno 2001, con la benedizione del presidente del Tribunale e del
Consiglio giudiziario di Napoli, e una delibera dell'Assemblea plenaria del
Consiglio superiore della magistratura, Scaramella riuscì in effetti a
diventare giudice onorario di tribunale. Si trattava di una carica onoraria, che
non aveva nulla a che vedere con la lotta alla mafia. Ma gli era bastata per
costruire il solito castello di carta.
Anche sul fronte universitario, riuscì a procurarsi delle pezze d'appoggio.
Aveva iniziato nel 1998 con il Dipartimento di scienze internazionalistiche
dell'Università Federico II di Napoli. «Fui avvicinato dallo Scaramella,
che mi disse di essere alla guida di un'Unità criminologica ambientale e mi
chiese di stabilire un rapporto di collaborazione. Mi disse di avere contatti
importanti, aggiungendo di essere cugino di due miei ex studenti, Stefano e
Sergio Rastrelli, figli dell'ex presidente della Regione Campania, Antonio
Rastrelli», ricorda il professor Luigi Sico, all'epoca responsabile del
Dipartimento. «Redigemmo una convenzione-quadro che dava al dipartimento il
compito di fornire personale per corsi di formazione. Una parte della retta dei
corsi era destinata a finanziare il Dipartimento e l'Università. Ma la
convenzione non trovò alcuna applicazione perché da Scaramella non ci
pervenne mai alcuna richiesta».
Non ancora soddisfatto, Scaramella si fece avanti anche con il
Dipartimento di scienza e ingegneria dello spazio (Disis) della Federico II.
«Vantò contatti importantissimi nel mondo politico-scientifico internazionale,
dicendo tra l'altro di essere professore a Stanford e adducendo che l'Ecpp aveva
ricevuto un mandato dai ministri dell'Ambiente dei Paesi membri», ricorda il
professor Paolo Oliviero, che poco dopo divenne direttore del
dipartimento. Sembrava una proposta valida e con una delibera del 19 giugno 2000
il dipartimento decise «di istituire un programma denominato Centro di Politica
spaziale». Il punto 3 della delibera diceva che «le modalità operative del
Centro saranno definite con un apposito regolamento del Dipartimento» e il punto
4 che «la sede del Centro sarà presso il Dipartimento stesso». Anche questa
volta era una dichiarazione di intenti a cui sarebbero dovuti seguire accordi
operativi. Anche questa volta a Scaramella bastò. E scomparve.
Il suo nome riemerse un anno dopo, il 14 luglio 2001, quando il Dipartimento
ricevette una lettera dei carabinieri, che «per urgenti indagini di polizia
giudiziaria» chiedevano se Scaramella «è in possesso del titolo di
ricercatore e formatore in politica spaziale presso codesta Università» e «se è,
ovvero è stato, direttore del Centro di Politica spaziale». Le risposte furono
entrambe negative. Passò poi un altro anno prima che Oliviero risentisse il nome
di Scaramella. Questa volta a farglielo fu una professoressa
universitaria colombiana, che il 27 marzo 2002 lo andò a trovare all'Università
per mostrargli un attestato appena ricevuto. Si trattava di un diploma su carta
pergamenata del «Centro di politica spaziale del Dipartimento di scienza e
ingegneria dello spazio». Era firmato dal direttore del centro, il professor
Mario Scaramella.
«Se ricordo bene mi disse di averlo pagato», dice Olivero, che a quel punto,
dopo aver avuto l'indirizzo, decise di recarsi di persona negli uffici del
Centro spaziale di Scaramella. «Era al primo piano sottoscala del palazzo
del Cinema delle Palme, in Via Vetriera a Chiaia n.12», ricorda il professore.
«Fuori del portone, sulla placca del campanello, trovai appiccicati due piccoli
stemmi dell'Università». Oliviero scrisse una lettera di denuncia al rettore,
mettendosi a disposizione dell'ufficio legale dell'Università.
Ma il 4 ottobre successivo, ricevette l'invito ufficiale a un convegno che
Scaramella stava organizzando al Centro italiano di ricerche aerospaziali
(Cira), diretto da un altro professore di ingegneria dell'Università di Napoli,
Sergio Vetrella. Oliviero si preoccupò ovviamente di avvertire il collega della
trappola. In un'email mandata in copia all'intero Dipartimento il 23 ottobre
2002, scrisse: «Caro Sergio, ho avuto notizia di un workshop su tecnologie
spaziali... organizzato da tale Mario Scaramella presso il Cira a
nome di un fantomatico Centro di politica spaziale del Disis. Ti ricordo che
noi, come Dipartimento, non ci siamo mai sognati di costituire tale centro...
Non abbiamo mai visionato le credenziali dello Scaramella, né delle sue
iniziative. Dette iniziative devono intendersi del tutto arbitrarie e, comunque,
mai autorizzate né da me né tanto meno dal Disis. Paolo Oliviero».
Una decina di giorni dopo, il Cira diffuse un comunicato annunciando il convegno
in cui si diceva: «Organizzatore dell'evento è l'Ecpp, rappresentato in Italia
dal professor Mario Scaramella, segretario generale dell'Ente e
direttore del Centro di politica spaziale dell'Università Federico II». Il
convegno, a cui partecipò una folta delegazione russa oltre i soliti noti come
Papadopoulos e Penders, si svolse senza intoppi di sorta per Scaramella.
Anzi, fu il coronamento delle sue attività nel settore spaziale. Tant'é che
prese sempre più a presentarsi come direttore del Centro spaziale della Federico
II.
Lo fece anche in un'intervista su ”Il Mattino il 3 febbraio 2003 che destò di
nuovo l'attenzione di Oliviero. «Il 4 febbraio decisi di telefonargli per
diffidarlo a continuare a usare quel nome», ricorda. Il giorno dopo ricevette un
lunghissimo fax di scuse e giustificazioni: «Gentile professore Oliviero, le
scrivo per chiedere scusa a lei e ai suoi colleghi del dipartimento se
nell'intervista pubblicata dal “Mattino” ho menzionato tra i miei titoli quello
di direttore del Centro di politica spaziale e se con questo atto ho causato
qualche disturbo».
DOVE TROVAVA I SOLDI?
Diplomi, attestati e corsi professionali condotti a seconda delle occasioni da
Ecpp, Srmc, Centro di politica spaziale e Unità criminalogica ambientale non
solo servivano a soddisfare giovani neolaureati che gli davano una mano come
Christian Trentola o Carmine Minopoli, i quali potevano menzionarli nei propri
curricula. Erano anche una potenziale fonte di finanziamento. Quel che è certo è
che il curriculum messo online da Minopoli fa riferimento a corsi di formazione
professionale "patrocinati dalla Regione Campania" svolti tra il 1994 e il 1998.
Scaramella trovò altri finanziamenti pubblici presso alcuni parchi
nazionali. Come quello del Gargano che, il 27 giugno 2002, con una delibera
dell'allora presidente Matteo Fusilli affidò l'incarico di demolizione di
manufatti abusivi a Scaramella. Il contratto fu formalmente assegnato
alla Eccp, definita «organizzazione intergovernativa di diritto pubblico con
sede a Washington Dc e rappresentanza a Via Vetriera a Chiaie n.12, Napoli».
Insomma il solito sottoscala del Cinema Delle Palme. Rappresentante legale
dell'organizzazione: Giorgia Dionisio, all'epoca compagna di Scaramella,
in veste di "special assistant secretary general dell'Ecpp".
Nel 2002 risultano essere stati fatti tre pagamenti, rispettivamente di 51.645,
43.336 e 268.764 euro. Ma come si poteva pagare un organismo che non esisteva e
non era mai stato registrato formalmente in alcun Paese? No problem: i
versamenti furono fatti sul conto corrente 27/36249 di una filiale del Banco di
Napoli. Intestatario del conto: Mario Scaramella.
Nel 2003, venne poi firmata una nuova convenzione, per altri 500mila euro che
però venne revocata nel giugno 2004 dal nuovo presidente del Parco, lo
scrupolosissimo avvocato Domenico Gatta, e dal suo consiglio direttivo.
Altro committente di Scaramella fu l'Ente Parco nazionale del Vesuvio.
Ecco cosa ci ha scritto Matteo Rinaldi, direttore di quel parco dal novembre
scorso: «L'Ente ha stipulato con la Ecpp due convenzioni per attività di
demolizione di manufatti abusivi e ripristino ambientale in data 25/03/2003 e
2/12/2003... Per gli atti redatti dall'Ente Parco i firmatari delle convenzioni
hanno eletto domicilio in Via Vetriera a Chiara 12/d. La ragione sociale della
società è: Organizzazione intergovernativa di diritto pubblico per la
prevenzione dei crimini ambientali con sede in Washington. È stato corrisposto
all'Ecpp un compenso di 860.824,34 euro». Rinaldi ha specificato che nel caso
della prima convenzione l'Ecpp è stata "rappresentata" dal suo «segretario
generale, dottor Pavel Suian», mentre la seconda da Giorgia Dionisio (assieme a
un altro collaboratore di Scaramella, tale Livio Ricciardi).
Suian era un ex diplomatico romeno che all'epoca era consigliere legale del
Segretariato della Convenzione di Basilea, uno degli organismi associatisi a
Scaramella. Contattato dal Sole-24 Ore, il Segretariato ha spiegato che «se
Suian avesse effettivamente firmato quel contratto sarebbe stato in violazione
delle norme dell'Onu» La strategia di Scaramella risulta a questo punto
chiara: utilizzare ogni singolo contatto o evento per accreditarsi e
legittimarsi con quello successivo in una straordinaria catena autoreferenziale
senza limiti geografici. Ma se è riuscito a farla franca fino al 24 dicembre
scorso, giorno del suo arresto, è stato per l'ingenuità, la passività e la
connivenza di persone che adesso fanno a gara nel minimizzare il proprio
contributo.
4 Commenti:
Ciao cuca, hai davvero un bel blog ma venirti a trovare è faticosissimo per la mia linea internet: il sito è troppo pesante da caricare!!! Perchè non provi ad alleggerirlo? Un saluto - Andryyy
Ciao andryyy,
ti ringrazio del complimento e della segnalazione riguardo al peso della pagina.
Ho dimezzato i posts visibili in main, purtroppo col 56k ci vogliono circa 42 secondi per caricare la pagina.
Vedrò di eliminare qualche immagine o di postarne di più piccole(senza immagini si arriva a 18 secondi)
Però, un volpone questo Scaramella! Per anni ha preso in giro un po' tutti coloro con i quali è entrato in contatto-
Ora sarà anche agli arresti, però sai quanto deve essersi divertito!
E' che non so quanti siano stati presi in giro e quanti lo sapessero e hanno fatto finta di niente. Tanto paga pantalone.
Sergio ti ho linkato.
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